Nell’anno 1604 un tal Silvestro Pagnoni si presentò al Sant’Uffizio di Padova per denunciare un professore universitario che veniva accusato di fare oroscopi per cittadini ricchi.
Una posizione che sembrava minare la fede, perché la convinzione che il destino di una persona fosse determinato dalle stelle e dai pianeti, piuttosto che dal libero arbitrio, inficiava il ruolo della responsabilità individuale, toglieva valore alle opere e alle scelte individuali, rendeva l’essere umano succube di un destino scritto da altre forze, con cui egli non poteva competere. Lo scienziato era Galileo Galilei, che, pur prendendosi gioco in privato della credulità dei suoi “clienti”, la assecondava per il suo cronico bisogno di denaro.
La magia, il desiderio di squarciare il velo del tempo, l’ansia di conoscere il futuro, di acquietare l’insicurezza prevedendo ciò che potrà accadere, sono antichi come l’uomo e si radicano nella sua natura di animale ad un tempo razionale, ma fragile e limitato. Infatti la ragione e il suo punto di arrivo più elevato, il pensiero ipotetico deduttivo, ci informano che il futuro è alle porte, che eventi negativi possono essere sempre in agguato e che la morte è l’unica certezza nel nostro destino. Ci sentiamo così irrefrenabilmente spinti a prevedere, cioè a sapere in anticipo, al fine di vagliare se sia possibile porre rimedio (oppure come trarre il massimo profitto) da ciò che ci attende.
In fondo anche la scienza è alimentata da questa spinta per la sopravvivenza. Ma
la scienza è limitata sia nelle sue capacità di previsione (pensiamo alle
previsioni del tempo, ma anche alle capacità di prognosi della medicina molte
volte tragicamente smentite dai fatti) sia nella sue possibilità di intervento.
La scienza amplia ma non annulla (ne può farlo!), i limiti umani. Così l’ansia di vivere, in tutte le sue declinazioni, si ripresenta, insoddisfatta delle risposte avute.
Le variegate forme di superstizione e di divinazione, pertanto, sono presenti in ogni cultura e, probabilmente, continueranno, nonostante la civilizzazione, ad accompagnarci per secoli se non, forse, per millenni. Non credo nemmeno si possa contenere, né tantomeno estirpare, il fenomeno, con atti di sola repressione.
E’ una battaglia culturale che va condotta con le armi della conoscenza,
dell'informazione e della comunicazione.
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