Dobbiamo ricordare che in verità il desiderio non è mai da noi posseduto, non siamo noi ad "avere" desideri, ma sono essi ad "avere" noi, a guidare come protagonisti la nostra volontà e la nostra vita.
La terza grande umiliazione narcisistica alla presunzione umana dopo Copernico e Darwin venne inferta proprio da Freud, scoprendo che non siamo padroni nemmeno in casa nostra e che il nostro povero e debole Io è il testimone di giochi ben più grandi di lui che si svolgono in un altrove denominato inconscio.
Quante volte constatiamo l’inadeguatezza ad orientare la vita da parte del solo Io. Quante volte un soggetto racconta che vorrebbe ad esempio studiare ma si mette davanti al libro e la mente va altrove. Il suo Io vorrebbe volere, ma il desiderio è dislocato altrove e non si lascia certo risvegliare o guidare da quel povero servitore che deve arrangiarsi per obbedire ai tre padroni che lo tormentano: l’Es, il Super-Io e la realtà esterna.
Se il desiderio non è stato fortificato, educato, rafforzato dal e nel percorso educativo, lungo le vie di un cammino generativo e fecondo, ed ha preso la strada di un appagamento scomposto e non accrescitivo, è illusorio pensare di fare appello alla volontà dell’Io. La strada per una ricostruzione della nostra attività desiderante è lunga e per niente facile.
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