Cosa dobbiamo intendere quando parliamo di complesso di Edipo?
La definizione che ne dà l’Enciclopedia della psicoanalisi è la seguente: “Insieme organizzato di desideri amorosi e ostili che il bambino prova nei confronti dei suoi genitori”.
Pur essendo stata formalizzata solo nel 1910, la scoperta dell’Edipo è certamente antecedente e se ne trova traccia fin dalla lettera a Fliess del 1897 in cui Freud scrive: “...si comprende l’interesse palpitante che suscita l’Edipo re.... il mito greco si rifà a una costruzione che ognuno di noi riconosce per averne sentita personalmente la presenza”.
La scoperta in questione fu compiuta dal maestro viennese nel corso della sua autoanalisi che lo portò a rinvenire, in sé, l’amore per sua madre e, verso suo padre, una sorta di gelosia astiosa frammista ad un profondo affetto.
Dopo aver stabilito nei Tre saggi, le fasi che segnano l’evoluzione psicosessuale, dell’uomo (fase orale, fase anale, fase fallica, periodo di latenza, fase genitale), Freud collocò lo svilupparsi dell’Edipo nella fase fallica e sostenne che, il complesso di castrazione, che ad esso porrà termine, introdurrà il bambino al periodo di latenza.
Il complesso di Edipo svolge un ruolo fondamentale nella strutturazione della personalità e nell’orientamento del desiderio umano.
La sua efficacia si connette al fatto che, con esso, interviene e ad esso pone termine, un’istanza proibitrice (proibizione dell’incesto) che sbarra la strada al soddisfacimento cercato, sottoponendolo a delle condizioni, a delle norme.
In altri termini la nostra istintività, nella figura del divieto paterno, incontra la legge e su di essa, attraverso diverse vicissitudini, dovrà imparare a plasmarsi.
Secondo l’antropologo Levi-Strauss in Le strutture elementari della parentela, il divieto dell’incesto costituisce la legge universale minima affinché una “cultura” si differenzi dalla “natura”.
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