Questa tipologia di desiderio non è mai davvero soddisfatta di ciò che ha, anche perché nessun oggetto al mondo è in grado di placare questa dimensione bulimica del desiderio, che sospinge incessantemente da un oggetto all’altro, abilmente sfruttata dal nostro modello economico che offre sempre nuovi oggetti che finiscono sovente per alimentare l’insoddisfazione più che placare un reale bisogno, collocando la nostra domanda in uno stato di ipereccitazione febbrile, in una inesauribile sete di avere.
Il possesso dell’oggetto bramato implica necessariamente uno scadimento della sua desiderabilità, del suo valore. Alla fine mai nulla è come prometteva di essere. Dunque l’oggetto del desiderio non esiste, è per definizione un oggetto mancante; quando giunge tra le nostre mani, il desiderio è già altrove. La figura che può esemplificare questa forma di desiderio è ovviamente il Don Giovanni, ma, più accessibilmente, anche la donna che di fronte al proprio guardaroba, dovendosi recare ad una festa importante, esclama laconicamente: “Non ho niente da mettermi”.
Lacan diceva che al fondo del desiderio, di questo tipo di desiderio, abbiamo un desiderio di niente perché niente è veramente in grado di fermare questa corsa mai appagata e appagante.
A questo proposito, potremmo persino rievocare l’antica saggezza di Lucrezio quando fa dire alla Natura:“L’uomo è un vaso forato”e non c’è niente che possa colmare questo buco perché questo foro fa parte della stoffa di cui è fatto l’uomo.
Ma la ricerca del piacere, la coazione che spinge al godimento scomposto e senza legge, può giungere a far prevalere il valore del godimento sul valore della vita. Devi godere, non importa come, né a quale prezzo. La psicoanalisi ha nominato pulsione di morte questa tendenza dell’uomo a legarsi al proprio male, alle proprie catene, alla propria schiavitù, talvolta anche alla propria malattia!
Questo desiderio vive in una dimensione extrautilitaristica come risuona nella celebre definizione sartriana : “Il desiderio è una passione inutile”.
Possiamo dire che il corpo ipermoderno è un corpo senza desiderio perché affogato dal e nel godimento scomposto, ben documentato anche dalla psicologia sperimentale in cavie da laboratorio (Alcoolismo, droghe, dipendenze di ogni tipo, depressione).
E’ un corpo preso dalla spirale compulsiva del godimento, un corpo che chiama libertà la sua schiavitù!
Ma intendere il desiderio come perenne insoddisfazione è solo un modo (parziale) di coglierlo, percorrendone solo il versante nichilistico.
I modelli desideranti che ci abitano sono molteplici e stasera vorrei vederne alcuni importanti per la loro forza e la loro esemplarità.
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