Cerchiamo di riflettere sui problemi della terza età.
In Italia abbiamo raggiunto, negli ultimi anni, il 23 % di ultra sessantacinquenni. Siamo il paese più vecchio al mondo assieme al Giappone.
Ma intorno agli anni 2000, per la prima volta nella storia dell’umanità, i paesi più industrializzati, si sono trovati ad avere più ultra sessantacinquenni che ragazzi sotto i 20 anni.
Oggi 7 delle 10 città europee con il maggior numero di ultrasettantenni sono italiane.
Oggi ci sono in Italia oltre 20.000 centenari, all’inizio del secolo scorso erano solo 40!
Che cosa ci rende così longevi?
Da analisi statistiche le zone a maggior longevità nel mondo sono 5:
1) Icaria isola in Grecia,
2) Okinawa isola in Giappone,
3) Loma Linda penisola della California,
4) Nicoya penisola in Costa Rica e
5) L’Ogliastra in Sardegna.
Caratteristiche
in comune: mangiano prevalentemente frutta, verdura e vegetali. Inoltre sono
posti scoscesi dove si deve far fatica per muoversi.
Nella terza età, fino ai 70 anni la disabilità è sotto il 10 %.
Dopo i 75 la disabilità esplode con una multi morbilità, un’insalata mista di 3 o 4 patologie diverse, che creano un unicum.
Dunque l'anziano ha bisogno di ricevere sul territorio forme di assistenza specifiche e integrate.
Ma oltre la dimensione strettamente medica vi è di più, molto di più. Una vita ricca di senso è l'unico modo di vivere bene. Vi sono dunque chiare responsabilità della collettività per quanto riguarda la qualità di vita degli anziani. Studi recenti ci dicono che ne uccide più la solitudine
che l’obesità!
Per fare esperienza della solitudine bisogna prima aver fatto esperienza dell’essere con. Il soggetto umano non nasce soggetto, ma potenza, possibilità di diventare soggetto, e si forgia nella relazione, all’interno della relazione. Solo dopo potrà avvertire la solitudine. Difronte all’esperienza traumatica della nascita, della fame, del freddo e del disagio di esserci, vi è un soccorso, del tipo “vedi io ci sono”. E solo quell’ “io ci sono” rende possibile la solitudine, la scomparsa di quella relazione che fin da subito ci forgia e ci costituisce. Il soggetto è tale perché è soggetto al riconoscimento dell’altro, fin dall’inizio il mio io é un voi e voi siete me; in ognuno di noi c’è una moltitudine che ci costituisce.
Il soggetto non è mai un singolo ma una pluralità che lo ha lentamente forgiato. Sempre e per sempre queste relazioni che mi hanno formato me le porterò dietro; io sono la somma di queste figure interiori anche se, come dice Bergson, “La memoria è più oblio che ricordo”.
Per capire l'anziano si deve capire la struttura della soggettività, e non limitarsi ad ingannarlo con false speranze. Si deve imparare ad invecchiare senza diventare mai vecchi, ovvero senza inaridire, senza chiudersi, continuando ad amare (in tutte le declinazioni del termine) e a desiderare, progettando ogni giorno il nostro futuro.
Vorrei concludere questo articolo citando Andrè Comte-Sponville:
“Bisogna comprendere la realtà dei nostri desideri, piuttosto che prendere i nostri desideri per realtà.”