Ricordo che, alcuni anni orsono, rimasi colpito da una frase di John Wheeler, fisico
di fama mondiale, (noto al grande pubblico per aver dato ai “buchi neri” il loro nome
così suggestivo) che col tempo ho imparato sempre più ad apprezzare: “La filosofia è
una cosa troppo importante per essere lasciata ai filosofi”.
Credo tuttavia che questa condivisibile affermazione vada adeguatamente completata:
anche la scienza è davvero troppo importante per essere lasciata agli scienziati.
I due ambiti del sapere si incontrano, si incrociano, si fecondano vicendevolmente.
Vorrei per inciso ricordare che la necessità di inserire la nota costante gravitazionale
nella “Relatività Generale” nacque in Einstein dalle sue concezioni filosofiche
sostanzialmente Parmenidee e che nel 1905, sempre Einstein, col suo articolo sul moto
Browniano, andò a dimostrare, rendendola scienza, una concezione filosofica,
l’atomismo, partorita oltre 2000 anni prima ad Abdera da uno dei giganti del mondo
classico, Democrito. Insomma questi paradigmi conoscitivi si intrecciano
inesorabilmente, inestricabilmente, talvolta persino ostacolandosi, comunque
condizionandosi.
Innanzi tutto credo si debba tornare a riflettere su un termine, filosofia, che talvolta
sembra un po’ desueto nel panorama culturale, pragmatico e frettoloso, del nostro
tempo dove, sovente, sembra che la filosofia possa essere considerata un retaggio del
passato, qualcosa di bello e di nobile ma ormai superato e quasi anacronistico.
Verso la scienza invece, specialmente in Italia, si percepisce una evidente diffidenza
se non un’esplicita ostilità.
Tra i motivi di diffidenza verso la scienza, oltre allo storico conflitto con le autorità
religiose, vi è certamente il ritenere che essa sia un castello di conoscenze rigido,
inespugnabile e arrogante, che pretende di sapere tutto e di potere tutto.
Ma la scienza non è questo, anzi, è esattamente il contrario!
Essa è un insieme di domande, di chi sa quanto sia ampia la propria ignoranza e che,
proprio a partire da questa, si interroga incessantemente per colmare le proprie lacune.
A me sembra che sia proprio questa attitudine dubitativa che più di ogni altra segnala
la parentela strettissima tra la filosofia e la scienza.
Galimberti ci dice: “La filosofia è un atteggiamento. L’atteggiamento di chi non smette
di fare domande e di porre in questione tutte le risposte, anche quelle che sembrano
definitive!”
Direi che la scienza eredita innanzi tutto proprio questo dalla filosofia, il socratico
“sapere di non sapere” ma invece di accettarlo passivamente, come lungamente fatto
nei secoli bui del medioevo, o di bearsi della propria ignoranza confidando in altro per
risolvere i problemi, essa cerca di reagire, si appassiona nel cercare le risposte che,
tuttavia, sa essere temporanee e perfettibili. Ovviamente, come ci insegna Popper, le risposte rinvenute, anche se in alcuni casi potranno rivelarsi corroborate e longeve, non
potranno mai ritenersi definitivamente verificate.
Insomma non è mai legittimo presumere di possedere la certezza di aver raggiunto la
verità.
di fama mondiale, (noto al grande pubblico per aver dato ai “buchi neri” il loro nome
così suggestivo) che col tempo ho imparato sempre più ad apprezzare: “La filosofia è
una cosa troppo importante per essere lasciata ai filosofi”.
Credo tuttavia che questa condivisibile affermazione vada adeguatamente completata:
anche la scienza è davvero troppo importante per essere lasciata agli scienziati.
I due ambiti del sapere si incontrano, si incrociano, si fecondano vicendevolmente.
Vorrei per inciso ricordare che la necessità di inserire la nota costante gravitazionale
nella “Relatività Generale” nacque in Einstein dalle sue concezioni filosofiche
sostanzialmente Parmenidee e che nel 1905, sempre Einstein, col suo articolo sul moto
Browniano, andò a dimostrare, rendendola scienza, una concezione filosofica,
l’atomismo, partorita oltre 2000 anni prima ad Abdera da uno dei giganti del mondo
classico, Democrito. Insomma questi paradigmi conoscitivi si intrecciano
inesorabilmente, inestricabilmente, talvolta persino ostacolandosi, comunque
condizionandosi.
Innanzi tutto credo si debba tornare a riflettere su un termine, filosofia, che talvolta
sembra un po’ desueto nel panorama culturale, pragmatico e frettoloso, del nostro
tempo dove, sovente, sembra che la filosofia possa essere considerata un retaggio del
passato, qualcosa di bello e di nobile ma ormai superato e quasi anacronistico.
Verso la scienza invece, specialmente in Italia, si percepisce una evidente diffidenza
se non un’esplicita ostilità.
Tra i motivi di diffidenza verso la scienza, oltre allo storico conflitto con le autorità
religiose, vi è certamente il ritenere che essa sia un castello di conoscenze rigido,
inespugnabile e arrogante, che pretende di sapere tutto e di potere tutto.
Ma la scienza non è questo, anzi, è esattamente il contrario!
Essa è un insieme di domande, di chi sa quanto sia ampia la propria ignoranza e che,
proprio a partire da questa, si interroga incessantemente per colmare le proprie lacune.
A me sembra che sia proprio questa attitudine dubitativa che più di ogni altra segnala
la parentela strettissima tra la filosofia e la scienza.
Galimberti ci dice: “La filosofia è un atteggiamento. L’atteggiamento di chi non smette
di fare domande e di porre in questione tutte le risposte, anche quelle che sembrano
definitive!”
Direi che la scienza eredita innanzi tutto proprio questo dalla filosofia, il socratico
“sapere di non sapere” ma invece di accettarlo passivamente, come lungamente fatto
nei secoli bui del medioevo, o di bearsi della propria ignoranza confidando in altro per
risolvere i problemi, essa cerca di reagire, si appassiona nel cercare le risposte che,
tuttavia, sa essere temporanee e perfettibili. Ovviamente, come ci insegna Popper, le risposte rinvenute, anche se in alcuni casi potranno rivelarsi corroborate e longeve, non
potranno mai ritenersi definitivamente verificate.
Insomma non è mai legittimo presumere di possedere la certezza di aver raggiunto la
verità.
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Tags: Filosofia, Scienza, Atomismo,