Le motivazioni psicologiche dei serial killer possono essere estremamente diverse, ma in buona parte dei casi sono legate a pulsioni di dominio o a pulsioni sessuali con forti connotazioni sadiche. Il vissuto mentale del serial killer è spesso caratterizzato da una sensazione di inadeguatezza e da un basso livello di autostima, molto spesso legati a traumi infantili (umiliazioni, abusi sessuali) o a una condizione socio-economica particolarmente deprimente. Il crimine costituisce in questi casi una fonte di compensazione, dalla quale trarre una sensazione di potenza, di riscatto sociale. Queste sensazioni possono derivare sia dall’atto omicida in sé che dalla convinzione di poter superare in astuzia la polizia. L’incapacità di provare qualsiasi forma di empatia per la sofferenza delle vittime, (altra caratteristica comune ai serial killer) è definita in psichiatria col termine psicopatia..
Associata al sadismo e al desiderio di potere, essa può condurre alla tortura delle proprie vittime, o a tecniche di uccisione che prevedono un supplizio, prolungato nel tempo, della vittima. Data la natura morbosa, psicopatica e sociopatica, della condotta criminale del serial killer, nella maggior parte dei processi, gli avvocati difensori, invocano l’infermità mentale. Questa linea di difesa, però, fallisce quasi sistematicamente nei sistemi giudiziari come quello degli Stati Uniti, in cui l’infermità mentale è definita in base alla capacità o meno di distinguere il bene dal male nel momento in cui l’atto criminale viene consumato. I crimini dei serial killer sono quasi sempre premeditati e il killer stesso fa capire di avere chiara consapevolezza del loro significato assolutamente inumano e gravemente immorale.