“Finchè ho un desiderio ho una ragione per vivere. La soddisfazione è la morte” G. Bernard Shaw
In Lacan "nome del padre" è il simbolo della legge non scritta, la legge che fonda la comunità umana, la legge che proibisce l’incesto. Il desiderio incestuoso è la radice originaria del desiderio, il desiderio nella sua assolutezza smodata. La brama di avere tutto, di godere di tutto, di potere tutto. Esso cioè rifiuta l’esperienza umana del limite. Il "nome del padre" introduce l’impossibile nella dimensione umana, se vogliamo traduce il principio di piacere in principio di realtà, pone un freno: non sono tutto, non posso avere tutto, non posso godere di tutto. Questo è alla base di ogni civiltà. E’ l’esperienza del no!
Ma il padre non si limita ad introdurre l’impossibile, fa germinare dall’impossibile la facoltà del desiderio. Dall’esperienza dell’impossibile si può fare esperienza della possibilità del desiderio, di una volontà aperta e desiderante.
“Si dice che il desiderio è il prodotto della volontà ma in realtà è vero il contrario: la volontà è il prodotto del desiderio”. Diderot
La
trasmissione
del desiderio oggi è carente perché i padri non sono più in
grado di svolgere il loro ruolo simbolico, e così è venuta a mancare la
trasmissione
del desiderio nella sua dimensione generativa. Dobbiamo sottolineare che
il desiderio non è il capriccio, il desiderio
testimoniato dal "nome del padre" non vuol dire potere tutto, fare tutto
ciò che si vuole. Il
desiderio che si può e deve trasmettere nelle generazioni, questo
desiderio che
non è arbitrio, unisce il desiderio e la "legge". Insomma non si deve intendere la
"legge"
come contrapposta al desiderio ma essa plasma il desiderio rendendo possibile il piacere in una dimensione produttiva, creativa,
generativa e non mortifera. Il ritorno di Ulisse da una lontananza pericolosa, abbandonica, che ha reso possibile la lunga notte dei proci, è indispensabile e ad un tempo impossibile spiegando lo scacco e l'infelicità del nostro tempo. La nostra società ha un bisogno struggente
del ritorno del padre nella sua insostituibile valenza simbolica, che
sola ci salva dalla disumanizzazione, dalla regressione narcisistica e
dalla disperazione depressiva.